Eleonora, il richiamo assordante che urla ancora oggi, dopo tredici anni – riflessioni.

Sono passati tredici anni dalla scomparsa di Eleonora, bambina di sedici mesi morta di fame e di stenti ad Enziteto, ora San Pio. Ecco, quando scrivo bambina riferendomi a lei, un brivido, forte come una saetta, percorre subito le vie interne del mio corpo e si pone al centro dello stomaco contorcendomelo. Eleonora il diritto di essere bambina non lo ha mai avuto, le è stato negato dal primo istante in cui è venuta al mondo, le è stato negato per diverse ragioni, ragioni che sicuramente riguardano i suoi genitori, il contesto in cui ha vissuto in quei pochi mesi di vita, il luogo in cui ha vissuto, la mancanza di servizi, l’ignoranza, ecco, molti hanno parlato di ignoranza raccontando a gran voce che i genitori – o meglio, la madre e il convivente della madre, che non era il padre biologico di Eleonora – pensavano che la piccola avesse il malocchio, per questo non se ne prendevano cura, la lasciavano ore a piangere di fronte ad un muro bianco e umido di un garage della periferia di Bari adibito abusivamente ad abitazione. Ma ripensandoci oggi, a tredici anni di distanza, con la foto di Eleonora che mi guarda dritto negli occhi ogni giorno dal mobile della cucina di casa, io penso che sia stato facile, allora, dare la colpa all’ignoranza. E’ stato facile allora, come lo sarebbe oggi, perché, tornando alle varie ragioni, in realtà, la ragione più grande è stata, a mio parere, l’indifferenza o, addirittura, il solito modus operandi di questo paese. Si: ci deve scappare il morto prima che qualcuno apra gli occhi ed Eleonora non è l’unico fatto di cronaca che testimonia questa verità dello Stato italiano.  Probabilmente oggi in molti parleranno di Eleonora e domani se ne dimenticheranno, di nuovo. La politica dell’apparenza prende il sopravvento e, in queste occasioni, lo scrive o lo urla in grassetto, a caratteri cubitali, per far vedere che lei è presente, che lei c’è ed è vicina alle storie e alle necessità dei cittadini. Ora, non posso parlare nel dettaglio di Enziteto, non più, per lo meno. Io in quel quartiere ci sono stata tanto tempo, ora ci passo, lo guardo da lontano, mi avvicino solo al Palazzetto dello Sport per scrivere delle partite di pallavolo e al campo estivo, per lavorare con i bambini. Quello che so, appunto, lo vedo attraverso gli occhi e i racconti dei bambini o attraverso lo stato di degrado in cui è il Palazzetto dello Sport. Quello che so attraverso i racconti dei bambini è che alcuni padri e madri giocano con le pistole vere e tornano tardi a casa, che fuori è sempre vuoto, non c’è mai nessuno ed è pericoloso uscire a giocare, che a scuola è meglio andare a S.Spirito o a Palese, anche se mio padre non lavora e spesso non può accompagnarmi e il servizio del pulmino costa, quello che so attraverso i racconti dei bambini è che per fortuna alcune cose ci sono, ma non bastano e soprattutto, si rompono subito, perché le fanno e poi nessuno se ne prende cura, quello che so perché lo vedo attraverso i miei occhi è che l’unico palazzetto sportivo del V Municipio ha finestre e riscaldamento rotto, non ha disponibilità completa di orari e molti bambini devono rinunciare a fare sport, pallavolo, calcio, basket o pattinaggio che sia. Ci sono tante cose che non so e lo ammetto, probabilmente ci sono anche nuove realtà di cui non sono a conoscenza, ecco per esempio so che c’è l’Accademia del Cinema ad Enziteto e magari si, loro ci provano con tutte le forze a cambiare le vite dei giovani del quartiere. Quello che so con certezza però è anche che le cose non cambieranno da un giorno all’altro se si continuerà a fare cose solo nel momento effettivo in cui l’allarme inizierà a suonare. L’allarme sta suonando da moltissimo tempo, con un sordo, stridulo e ingombrante eco che si riflette ogni giorno nelle vite di ogni bambino che vive in condizioni di disagio e non solo. Non è che l’allarme non suoni, è che è più facile far finta di non sentirlo, guardare altrove, metterlo di faccia contro un muro bianco, non curargli le ferite, così come nessuno ha curato quelle di Eleonora nel 2005, così come nessuno ha ascoltato il richiamo assordante di una bambina che piangeva in cerca di aiuto, così come nessuno ha visto o meglio, ha voluto aprire gli occhi, per vedere una realtà che ieri, come oggi, anche sotto forme diverse, non è lontana dal nostro quotidiano.

 

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